Il 2017 si chiude con un moderato ma  costante miglioramento dell’economia meridionale. Lo conferma il Check Up Mezzogiorno di dicembre 2017, il tradizionale studio elaborato da  Confindustria e Srm, Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo).

Per secondo anno consecutivo Pil in aumento, +1%

Dopo un 2016 che ha visto crescere le  regioni del Sud in linea con la media nazionale, le anticipazioni  relative al 2017 confermano la tendenza alla crescita, che dovrebbe  proseguire anche nel 2018, con un incremento del PIL superiore all’1%. Gli indici di fiducia, non lontani dai massimi, confermano questa  intonazione moderatamente positiva.

Questa tendenza è confermata dall’Indice Sintetico dell’Economia  Meridionale, elaborato da Confindustria e SRM, che mostra tutti gli  indicatori in crescita. Il Pil del Mezzogiorno aumenta per il secondo  anno di seguito (+1%,): anche gli investimenti tornano a crescere,  spinti da quelli privati, e soprattutto da quelli dell’industria in  senso stretto, che nel solo ultimo anno fanno segnare un aumento del  40% rispetto all’anno precedente. Sebbene non ancora sufficiente per  tornare ai valori del 2007, si tratta di un balzo in avanti davvero  significativo.

Aumentano imprese attive, in III trim. +0,4%

La ripartenza si conferma soprattutto nelle mani delle  imprese: il numero di quelle attive, nel terzo trimestre del 2017, è  aumentato di circa 7mila unità (+0,4%) rispetto allo stesso periodo  del 2016, una tendenza ancor più significativa se confrontata con un  contemporaneo calo nel resto del Paese (-0,1%). In particolare,  prosegue, l’aumento delle società di capitali (+17 mila nel III  trimestre 2017 sullo stesso periodo dello scorso anno), ad un ritmo  quasi doppio rispetto al Centro-Nord, e al contempo torna ad aumentare per la prima volta la quota di imprese con numero di addetti fra 10 e  49 (+0,2%), due chiari segnali di irrobustimento del tessuto  produttivo.

Un tessuto che rafforza la sua dinamicità: aumenta il numero delle  start up innovative (il 31,1% in più nel II trimestre del 2017  rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), un dato migliore  di quello registrato al Centro-Nord (+22,4%), con un trend positivo  che riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno. Positivi sono anche i  dati relativi alle imprese in rete (ormai quasi 6.000, 1.000 in più  nella seconda parte dell’anno), alle imprese giovanili (oltre 252.000  nel 2016, il 41,5% del totale nazionale) e a quelle femminili (oltre  3.000 in più nel solo II trimestre 2017).

Contribuisce export, in III trim. +8,6%

Un robusto contributo ai segnali di vitalità del sistema produttivo del Sud viene anche dall’export: rispetto al III trimestre  dell’anno precedente, le esportazioni delle imprese del Mezzogiorno  crescono dell’8,6%, ad un ritmo superiore a quello del Centro-Nord  (+7,2%). Ad eccezione dei mezzi di trasporto e degli apparecchi  elettrici, crescono le esportazioni di tutti i settori merceologici,  con particolare intensità nel caso dei prodotti della raffinazione  (+42,9%), dei prodotti chimici (+21,6%) e di quelli farmaceutici  (+9,4%).

Un significativo apporto ai positivi risultati del tessuto  imprenditoriale meridionale viene dal settore turistico, a cui il  Check up dedica uno specifico approfondimento. Il 2016 ha visto,  infatti, crescere arrivi e presenze dei turisti nelle regioni  meridionali (+4,3%, 1 punto e mezzo in più del Centro-Nord). Aumenta  in particolare il cosiddetto ”export turistico”, ovvero le presenze  (+7,8%), e la spesa (+24%) dei turisti stranieri. Alla base di questi  risultati positivi ci sono le imprese turistiche meridionali che, pur  rappresentando solamente il 25% del totale nazionale (il 20% delle  imprese ricettive italiane), costituiscono un comparto dai  fondamentali solidi, con oltre 70 mila occupati e due miliardi e mezzo di valore aggiunto, che vede migliorare, in maniera costante a partire dal 2012 la redditività mentre calano l’indebitamento e i conseguenti  oneri finanziari. Un settore con un’offerta qualitativamente elevata  (gli hotel del segmento 4 – 5 stelle sono quasi il doppio della media  nazionale) e caratterizzato da nicchie importanti, come l’industria  termale, che può vantare un quarto dei ricavi di tutta l’industria  termale nazionale.

Bene anche occupazione, in III trim. +108mila unità

Il 2017 si conferma un anno moderatamente positivo sul  fronte dell’occupazione: anche grazie al sostegno del Bonus  occupazione, nel Mezzogiorno si sono registrati incrementi percentuali degli occupati superiori a quelli del Centro-Nord, con una crescita,  in valore assoluto, di oltre 108 mila unità nel III trimestre 2017  rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, pur  essendo abbondantemente tornati sopra la soglia dei 6 milioni, gli  occupati meridionali sono ancora 230 mila in meno rispetto al picco  precrisi.

La qualità e l’efficacia del sistema formativo al Sud rimane, però,  uno dei fattori critici. E’, infatti, ancora molto elevata la quota di giovani meridionali che non studiano e non lavorano (sono oltre 1  milione e 800 mila, quasi il 60% del totale nazionale) e ben 200 mila  hanno un diploma di laurea, con un vero e proprio spreco di  investimento formativo. Cosicché torna a ampliarsi il divario tra chi  prende la residenza al Sud e chi la abbandona, con un saldo negativo  di oltre 62 mila unità.

La povertà in calo

Diminuisce, seppur lentamente, l’incidenza della povertà, tranne che  per la classe di età tra i 35 e 44 anni, fenomeno che segnala la  crescente difficoltà di trovare lavoro per chi non è più giovanissimo  ma è ancora lontano dall’età del pensionamento. La percentuale dei  cittadini meridionali che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti della propria situazione economica è in crescita (+2%), ma resta pur  sempre di 11 punti inferiore alla media nazionale.

La situazione economica delle regioni meridionali  sembra, dunque, essersi assestata su condizioni di nuova normalità e  di moderato miglioramento, che, tuttavia, non sono ancora in grado di  scalfire in profondità il disagio ancora presente in larga parte della società meridionale, anche perché l’economia del Sud rimane frenata  nel suo potenziale di crescita da diversi fattori: una composizione  del tessuto produttivo meridionale post crisi caratterizzata da un  numero elevato di imprese di piccola e piccolissima dimensione, che  contribuiscono loro malgrado a tenere bassa la produttività;  un’estrema diversificazione territoriale, che lascia intravedere un  Mezzogiorno a più velocità; la bassa competitività dei territori; le  condizioni creditizie al Sud sono in miglioramento, ma non per tutti,  e l’offerta di credito, sebbene in allentamento, non riesce a seguire  pienamente la domanda; l’insufficiente contributo della spesa pubblica per investimenti, confermata dalle stime dei Conti Pubblici  Territoriali per il 2016.

Il Mezzogiorno in risalita

Il Mezzogiorno prosegue dunque la sua risalita: i risultati  consolidati negli ultimi due anni e le previsioni per il prossimo  sembrerebbero confermare che la ripartenza dell’economia meridionale  ha agganciato in maniera stabile quella del resto del Paese,  nonostante i numerosi fattori di freno. E i risultati per molti versi  migliori, sia pure da diverse basi di partenza, di molte regioni  meridionali, rispetto al resto del Paese confermano che esistono  effettive potenzialità per la progressiva riduzione dei divari.

Le condizioni per la ripresa

Anche perché le condizioni per una ripresa più robusta,  già nel 2018, ci sono tutte, grazie ai recenti provvedimenti per il  Sud e all’avvio effettivo dei Programmi 2014-20 da parte delle  Regioni, che stanno creando condizioni di effettivo vantaggio per gli  investimenti nel Mezzogiorno. La combinazione di condizioni favorevoli e dinamismo imprenditoriale può fare del 2018 un anno davvero chiave  per le prospettive future dell’economia del Mezzogiorno.

Ci sono tre ambiti di azione capaci di influire, in un modo o  nell’altro, su questo snodo chiave: il sostegno agli investimenti  privati; la ripresa degli investimenti pubblici; un contesto  stabilmente competitivo. Ed una sola politica in grado di favorire,  contemporaneamente questi tre elementi chiave: la politica di  coesione, comunitaria e nazionale, ovvero la principale politica di  investimento dell’Unione europea.

E il 2018 è l’anno decisivo per  iniziare a vedere concreti effetti degli interventi della  programmazione in corso e per porre le basi per una prospettiva per il post 2020 stabile e concreta.

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