Via dall’Italia. Per avere più prospettive e spesso anche più considerazione. La fuga di cervelli sta lasciando il sud Lazio con sempre meno figure qualificate. Ed i numeri potrebbero essere ancora peggiori.

Chi va via lo fa perché il mondo del lavoro locale non offre abbastanza. Non è solo una questione di salari ma soprattutto di prospettiva. La strettoia è anche una visione del posto di lavoro ancorata a mezzo secolo fa: se l’assunzione è irreversibile chi deve farla compie una selezione attentissima, in un mondo con una mobilità più semplice il ricambio è maggiore.

Nascono anche così sacche di precariato che in Paesi con altre mentalità del lavoro sono inconcepibili. Ed attirano i giovani che scommettono su se stessi e si mettono in gioco. Sono quelli con la preparazione più solida. C’è poi un altro fattore: il mondo è sempre meno provinciale, ci si sposta con una facilità immensa, l’euro ha unificato e semplificato, già durante la formazione si va all’estero in Erasmus confrontandosi con gli altri modelli. Oggi lo scenario minimo su cui confrontarsi è l’Europa mentre mezzo secolo fa era la propria provincia.

Il problema vero non è che i ragazzi vadano all’estero: è che gli stranieri non ci giudichino attrattivi. È per questo che il circolo virtuoso si interrompe.

Chi va via

A farlo sono soprattutto giovani di un’età compresa tra i 20 e 34 anni e con un grado di istruzione elevato. Un fenomeno che ha ricominciato a prendere sempre maggiore consistenza a partire dal secondo decennio degli anni Duemila: merito dell’Euro e dell’unione senza più frontiere interne.

Prima c’erano state tre grandi ondate di emigrazione che hanno caratterizzato storicamente l’Italia. E tutte alimentate da situazioni differenti. C’è stata quella tra il 1904 ed il 1914, interrotta con la I Guerra Mondiale che ha messo fine alla belle epoque. Nello studio ‘L’emigrazione dal Lazio: il dibattito storiografico‘ di Michele Colucci e Matteo Sanfilippo si ricostruisce che dopo il 1900 aumenta vertiginosamente la richiesta di documenti per l’espatrio: tra il 1900 e il 1913 in sono chiesti 73.000 passaporti.

Emigranti italiani alla stazione. Foto: Museo della Memoria

Dal 1 gennaio 1905 al 20 febbraio 1906 su 5.827 richiedenti l’autorizzazione a partire nel circondario di Sora ben 4.072 vanno negli Stati Uniti. Negli stessi anni i flussi dal circondario di Frosinone (che appartiene ancora alla provincia di Roma) sono diretti verso gli Stati Uniti e l’Argentina. Si parte da Alatri, Anagni, Ceccano, Ferentino, Veroli, Frosinone. E poi Boville Ernica, Monte San Giovanni Campano, Ceprano, Guardino, Collepardo, Patrica. Nascono veri e propri network: collegano Anagni e Rochester, da Patrica si va a Pittsburgh. Luigi Salazar scrive alla vigilia della prima guerra mondiale che un folto gruppo dei trecento italiani a Dublino viene da Casalattico.

Poi c’è stata quella tra il 1919 ed il 1930: come nella prima ad emigrare eranoi giovani braccia in cerca di lavoro. La terza è stata tra il 1951 e 1971 alimentata da un conflitto che aveva fatto strage di lavoratori sui campi di battaglia. Sempre lo studio di di Michele Colucci e Matteo Sanfilippo dice che in quel periodo gli abitanti dell’area Cassino – Sora si sono ridotti da 81.388 a 60.325. In particolare, nel periodo 1951-1971 la perdita migratoria ha superato sensibilmente il saldo naturale della popolazione, con cifre sensibilmente superiori al dato più generale riguardante la provincia di Frosinone e a quello ancora più generale riguardante la regione Lazio.

L’emigrazione del Duemila

Foto © DepositPhotos

Quella del ventunesimo secolo è storia diversa.

Secondo i dati Istat nel decennio 2011-2021 hanno trasferito all’estero la residenza 451.585 giovani italiani di età tra i 18 ed i 34 anni. Al tempo stesso c’è chi è rientrato: 134.543 che hanno fatto il percorso inverso, per un saldo migratorio quindi di 317.042 giovani usciti dall’Italia. Nello stesso periodo il saldo migratorio totale di italiani all’estero è di quasi 600mila.

Numeri che, se confrontati con le precedenti ondate di emigrazione, sembrerebbero poco preoccupanti, se pensiamo ai 1,8 milioni del periodo 1951-61 e del 1919-1930 e i 5,2 milioni del 1904-14. In passato l’Italia favoriva l’uscita delle braccia italiane verso i luoghi dove serviva la manodopera: in cambio riceveva provviste di materie prime come il carbone dal Belgio. Oggi a partire sono invece cervelli: talenti dall’enorme preparazione di base che faticano a trovare spazio in un territorio ancora troppo provinciale baronale.

Non bisogna dimenticare inoltre che i giovani ricercatori italiani sono al secondo posto tra i più premiati dal Consiglio europeo della ricerca. Lo Stato non sembra preoccuparsene più di tanto se è vera la recente decisione del Governo di diminuire gli sgravi fiscali per il rientro dei giovani italiani dall’estero. Una emorragia che genera un “costo” in perdita di capitale umano stimato intorno ai 38 miliardi.  Con effetti ulteriori molto importanti sul potenziale di crescita dell’economia italiana, e quindi sulla sostenibilità del debito pubblico.

La situazione ciociara

L’Università di Cassino

Il problema migratorio, insieme al calo demografico sta gravando fisiologicamente anche sulla provincia di Frosinone. Il crollo delle nascite in provincia di Frosinone è più marcato che negli altri territori del Lazio. Questo porterà alla nascita di 2.487 bambini in meno da qui al 2030. Con tutto ciò che ne consegue (Leggi qui: La cicogna non vola più sulla Ciociaria).

Secondo un recentissimo studio della Cgia di Mestre in Ciociaria ci sono ben 21.975 giovani in meno dal 2013 ad oggi. In percentuale, Frosinone è l’ottava provincia in Italia che ha subito un calo maggiore. Nel 2013 in Ciociaria erano 115.754 i giovani tra i 15 e 34 anni, nel 2019 erano 102.414 e nel 2023 erano 93.779.

Nel Lazio, Frosinone è quella che ne ha persi di più. Seguono Viterbo (9.558 con percentuale del 14,1), Rieti (4.016 con percentuale del 12), Latina (12.449 con percentuale del 9,6) e Roma (36.820 con percentuale del 4,2).

La Ciociaria è in ritardo sul fronte del lavoro di qualità. Lo dimostra il fatto che le industrie del territorio si siano dovute mettere insieme e creare il primo Its nel quale formare i Meccatroinici che la scuola non gli formava. Un’occasione straordinaria mandata all’aria sono stati i 100 posti di lavoro nel settore della ricerca farmaceutica che Catalent voleva finanziare ad Anagni con 100 milioni di euro: stanca di attendere le autorizzazioni ha spostato tutto nel Regno Unito. L’esempio opposto è lo straordinario lavoro fatto dall’Università di Cassino nel campo delle ricariche elettriche: solo per questo ci sono eccellenze come Faist e Fincantieri ha scelto di investire nel Cassinate.

Il tema delle prospettive

Studenti Erasmus © ProImageContent / Can Stock Photo

È la risposta concreta al tema delle prospettive. In assenza delle quali la scelta si basa solo sul fattore economico. E la Ciociaria, il Lazio Sud come buona parte dell’Italia sono perdenti rispetto ad una Germania che finanzia le sue aziende se assumono giovani ricercatori.

Da noi la prima occupazione post laurea è meno pagata che negli altri Paesi industriali d’Europa. Mediamente uno stage viene retribuito dai 600 ai mille euro al mese mentre in Germania e Francia le retribuzioni di partenza sono nell’arco tra i 30mila ed i 40mila euro annui più ferie, malattia, aggiornamento.

(Foto di copertina © DepositPhotos.com).

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