Il re del Marocco Mohammed VI ha festeggiato oggi il suo sessantesimo compleanno. Lontano dal clamore e dagli eccessi: scelta precisa di un monarca impegnato a mantenere la stabilità in una regione instabile. La sfida di re Mohamed passa per la modernizzazione dell’economia. Nuovi posti di lavoro significano maggiore stabilità: per le famiglie marocchine, per l’economia del Paese, per il suo trono.

Dalla sua incoronazione avvenuta il 23 luglio 1999 in seguito alla morte di suo padre Hassan II, il monarca ha mantenuto con discrezione una salda presa sulla politica economica. Ha guidato importanti progetti infrastrutturali: il porto industriale di Tangeri Med, la gigantesca centrale solare Noor, la linea ferroviaria ad alta velocità Tangeri – Casablanca, oltre allo sviluppo dell’industria automobilistica e aerospaziale del Marocco.

Una parte della componentistica automotive occidentale arriva da lì. Gli standard qualitativi imposti dalla modernizzazione sono europei.

La modernizzazione incompiuta

Carlos Tavares

È un elemento da tenere bene in considerazione anche nel Lazio alla luce delle recenti dichiarazioni fatte dal Ceo Stellantis, Carlos Tavares. Che nulla di nuovo ha aggiunto a quanto già dettato nei minuti in cui Fca e Psa lo incoronavano a capo del nuovo colosso mondiale dell’automotive. E cioè: “andremo a produrre le auto dove conviene”.

Sul futuro dello stabilimento Stellantis Cassino Plant fu chiaro da subito: bellissimo, organizzato meglio che altrove “ma fare le auto qui costa troppo”. Indicando due punti di criticità: il costo dell’energia elettrica e la fiscalità.

Sulla prima, il Lazio in questi anni ha fatto praticamente nulla. Nessuna grande infrastruttura per assicurare l’energia allo stabilimento è stata progettata. Stellantis ha fatto le sue valutazioni e deciso che Cassino per ora continuerà ad avere un suo ruolo strategico. Lì si produrranno le elettriche di segmento medio alto. Lo scorso marzo il Ceo è stato a Cassino per annunciare che Cassino Plant “estenderà la propria attività alla produzione di veicoli basati sulla piattaforma BEV flessibile STLA Large”. Veicoli che “rivoluzioneranno l’esperienza di guida grazie a funzionalità e caratteristiche all’avanguardia”.

In questa scelta un ruolo lo ha avuto il territorio. Meglio: le industrie del territorio. Sono unite da un ‘contratto di filiera‘ che consente loro di mettere sul piatto della bilancia una serie di brevetti. Fondamentali per lo sviluppo e l’innovazione. Ed un tessuto sindacale coriaceo ma dialogante che ha lasciato agli Anni 70 la pretestuosità del conflitto.

Il ruolo del territorio

Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica

Il resto è materia sulla quale deve mettere mano il Governo. Il ministro Adolfo Urso ha ricordato in queste ore che a fine agosto riprende il confronto con Stellantis per arrivare a metà settembre alla sigla di un ’piano di lavoro’ con l’azienda. L’obiettivo è l’istituzione di un Tavolo Stellantis che consenta realizzare entro fine 2023 un ’accordo di sviluppo’. Cioè? Quelle condizioni favorevoli che rendano competitivi i territori italiani in cambio di un incremento dei volumi di produzione sia di auto che di veicoli commerciali.

Questo rimescolerà le carte. E rischia di cambiare l’ordine di priorità tra gli stabilimenti. Perché in Ciociaria sull’energia siamo al palo: la provincia di Frosinone non ha né centri di produzione né punti di stoccaggio per il gas pulito realizzato fuori regione: ogni volta devono portarlo camion cisterna, con costi maggiori. Sulla burocrazia è meglio non parlare: Catalent è scappata a gambe levate ed il gruppo Iamunno ha fatto altrettanto. Pure sul costo del lavoro niente è cambiato: il salario minimo è un falso problema, per ora scaricato interamente sulle aziende come se il fatto di produrre fosse una colpa. Della parte a carico dello Stato non si parla.

Cassino ha il suo punto di forza nel polo di ingegneria Unicas. Un polo molto avanzato nella ricerca sull’energia elettrica e le ricariche: non è un caso che Fincantieri abbia fatto qui la joint venture Power for Future.

Le nuove professioni sulla carta

Foto © IchnusaPapers

Il percorso ha come orizzonte il 2030. Ma questo presuppone una sintonia con i produttori di Anfia e con le Regioni tra cui il Lazio. La nota dolente sta qui: è stata la ricerca Anfia voluta da Unindustria Cassino a mettere in luce il livello di evoluzione nelle tecnologie di processo e di prodotto, raggiunto dall’indotto cassinate. È stata l’analisi fatta sulle linee dai sindacati a dire che tra poco spariranno migliaia di posti e ne nasceranno centinaia di altri con competenze diverse.

Un tavolo sul quale pianificare la costruzione di queste professionalità da immettere nel tessuto industriale Cassinate non risulta sia stato avviato: rischiamo di arrivare tardi all’appuntamento. Cioè: quando serviranno tecnici preparati nelle professioni del futuro non li avremo. Ma li avranno altri. In India ci stanno lavorando ed hanno matematici ed ingegneri in grado di competere. Re Mohammed VI ha chiesto di formare un’industria capace di rispondere alle sfide. Non è competizione ma un segnale chiaro: chi si ferma prima o poi viene superato.

Dal Marocco oggi arriva una parte decisiva della componentistica: la supply chain è cortissima. Un po’ come i fichi di Cartagine che preoccupavano Catone. Noi oggi, a differenza della Roma di Catone, dovremmo essere pronti ad avere torte sulle quali inserirli come farcitura. Ma questa volta nessuno se ne preoccupa.

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