I lavoratori italiani si lasciano alle spalle il 2017 e si affacciano al nuovo anno con maggiore fiducia nella situazione economica del Paese: quasi un dipendente su due – il  48%, ben sette punti in più rispetto a un anno fa – è ottimista sulla  crescita economica nei prossimi dodici mesi. Anche se nel confronto  internazionale l’Italia resta ancora nella parte bassa della  classifica dei Paesi per livello di fiducia, lontana 13 punti dalla  media globale, pari al 61%. È una visione positiva quella che emerge  per l’Italia dall’Economic Outlook 2018 del Randstad Workmonitor,  l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, secondo  operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, condotta in 33  Paesi del mondo su un campione di 400 lavoratori per ogni nazione di  età compresa fra 18 e 65 anni.

Sono ancora migliori le aspettative degli italiani sull’andamento  delle imprese in cui lavorano: quasi due terzi ritengono che la  propria azienda abbia ottenuto risultati superiori a quelli dell’anno  precedente (64%, tre punti in meno della media globale e +3% sul  2016), tre su quattro sono convinti che nel 2018 miglioreranno ancora  (+1% sul 2016 e +3% rispetto alla media globale).

Il 2018 – commenta Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia – si apre secondo buoni auspici per l’Italia: pur restando  sensibilmente sotto la media globale, la fiducia nella ripresa  economica dei lavoratori è in crescita di sette punti in un anno,  trainata soprattutto dai più giovani, con il 55% di under 45 che  manifesta ottimismo contro il 41% degli over 45. Un chiaro segnale del miglioramento del contesto generale, in un trend positivo che si  rafforza con la solida fiducia riposta dai dipendenti nei risultati  dell’impresa in cui operano”.

Nel dettaglio, secondo i risultati della  ricerca, il 48% dei lavoratori italiani crede nel miglioramento della  situazione economica del Paese, contro il 61% della media globale.

Rispetto allo scorso anno, l’Italia ha guadagnato sette punti, anche  se rimane stabilmente nella metà bassa della classifica. In Europa,  soltanto Ungheria e Grecia hanno un indice di fiducia più basso  (rispettivamente 47% e 37%)

Molto più ottimismo emerge riguardo ai risultati raggiunti dalla  propria azienda. Il 64% dei lavoratori è convinto che il proprio  datore di lavoro abbia ottenuto risultati migliori rispetto all’anno  precedente (tre punti in meno della media globale, pari al 67%), con i lavoratori più giovani che si mostrano più fiduciosi dei lavoratori  più senior (71% di ottimisti nella fascia 18-44, contro il 56% dei  45-67enni). Ben tre lavoratori su quattro (il 75%, contro il 72% della media globale), invece, ritengono che le performance aziendali  continueranno a migliorare anche nel 2018; anche in questo caso sono  gli under 45 il segmento più ottimista (81% contro il 67% nella fascia 45-67).

L’ottimismo dei lavoratori, però, si riduce quando si passa dai  risultati aziendali a quelli individuali. Il divario fra la media  degli italiani che si aspettano di ricevere un aumento di stipendio  alla fine dell’anno (39%) e quella globale (56%) è di ben 17 punti. In Europa soltanto Grecia (31%), Belgio (32%) e Danimarca (37%) sono meno ottimisti, i francesi sono dello stesso avviso degli italiani, mentre  i più ottimisti sono portoghesi (62%), svedesi (61%) e inglesi (55%).

La distanza si riduce se si considera la  percentuale che si aspetta di ricevere un bonus una tantum entro la  fine del 2018: è fiducioso il 45% degli italiani, contro il 51% della  media globale; in questo caso l’Italia è uno dei paesi europei più  ottimisti. Anche il confronto fra lavoratori più giovani e dipendenti  più esperti rivela una percezione molto diversa: quasi un under 45 su  due nutre la speranza di ricevere un bonus (49%) o un aumento di  stipendio (48%), percentuale che nella fascia di età 45-67 anni scende al 40%, nel caso del bonus, e crolla al 29%, se si considera lo scatto di salario.

Osservando poi gli indici trimestrali, nel quarto trimestre 2017,  rispetto al precedente, la mobilità dei lavoratori è rimasta stabile a livello globale, a quota 109 punti. Il mercato italiano, invece, pur  registrando una crescita di un punto percentuale, si conferma più  rigido della media, con un indice di mobilità pari a 101.

Il 77% dei lavoratori italiani non ha cambiato né mansione né datore  di lavoro negli ultimi sei mesi, il 9% dei dipendenti ha cambiato  soltanto azienda, un altro 3% ha cambiato ruolo all’interno della  stessa società, il 12% ha cambiato sia l’impresa che la posizione  ricoperta. Soltanto l’1% degli italiani sta attivamente cercando un  altro lavoro, il 9% sta selezionando nuove opportunità, il 24% si sta  guardando attorno, il 30% non si sta impegnando attivamente nella  ricerca ma se capitasse un’occasione sarebbe aperto ad ogni  possibilità, mentre ben il 35% dichiara di non cercare lavoro.

Pur occupando stabilmente la seconda metà  della classifica, nel complesso gli italiani sono contenti della loro  situazione occupazionale: il 64% è soddisfatto, il 25% non esprime un  giudizio né positivo né negativo, mentre solo l’11% è insoddisfatto  del proprio lavoro.

Nell’ultimo trimestre, si è stabilizzata la percentuale gli italiani  che hanno timore di perdere il posto di lavoro (9%, in linea con la  scorsa rilevazione), ma allo stesso tempo cresce una generale  sensazione di insicurezza: il 30% non teme di perdere l’impiego ma non si sente del tutto sicuro (+4%), soprattutto tra gli uomini (32%  contro il 29% delle donne).

Stabile anche il numero di dipendenti che ritiene di poter trovare  un’occupazione analoga nel giro di sei mesi (50%, -1% rispetto allo  scorso trimestre ma +1% sul 2016), convinzione che nell’ultimo anno è  cresciuta molto fra le donne (53% contro 47% degli uomini).  Diminuisce, invece, la fiducia di trovare un lavoro diverso (46%, -2%  rispetto a tre mesi fa e -1% sul 2016) e anche in questo caso le più  ottimiste sono le donne (dal 44% del 2016 all’attuale 50%, contro il  42% degli uomini).

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