Quale è il tuo background?

Ai nostri tempi nella prima giovinezza l’educazione era più mirata all’obbedienza assoluta con i genitori o anche con i professori a scuola. Regole chiare e ben definite e nessuna eccezione. Questo generava più timidezza e molto impaccio nella vita relazionale, ma forse ci ha forgiato un po’ nel carattere e nella volontà. Poi con la gioventù ci siamo ripresi le nostre libertà: la mia generazione è quella delle battaglie di impegno sociale del ’68, e di “Amici Miei” per la spensieratezza e gli scherzi con gli amici. Personalmente ho avuto anche la fortuna di frequentare buone scuole, con tanta matematica che, insieme a storia e filosofia e un po’ di latino, mi hanno fatto acquisire una padronanza nei ragionamenti che ancora oggi mi sorprende. E poi tanto lavoro, tante esperienze, tanti impegni in svariate avventure e nella vita associativa e tanti viaggi che credo siano i migliori investimenti formativi.

Quali sono state le più grandi difficoltà che hai dovuto affrontare?

Fare impresa in Italia verso la fine degli anni ’70 era una scommessa quotidiana. Non c’erano capitali propri e si pagavano a caro prezzo quelli delle banche, era difficile trovare manodopera specializzata e impiegati formati adeguatamente. Quando ho iniziato io c’era la piccola azienda di mio padre, con 6/7 operai, che a Natale regalava le cassette di liquore ai direttori di banca. Ma la cosa più difficile fu quella di cominciare a combattere con una burocrazia assurda, che costrinse la piccola impresa a non ragionare in termini di diritti da far valere, ma ad accettare di doverci convivere con tutte le nefandezze che questo poi ha comportato. Peraltro, la classe politica anche negli anni successivi ci ha messo proprio tanto impegno per venire meno alle proprie responsabilità. Un esempio per tutti: la totale assenza o il forte ritardo dei piani regolatori, per un sano e programmato sviluppo territoriale, ha comportato negli anni ’70 e ’80 una barbarie di abusivismo edilizio e un degrado urbano che sarà molto difficile recuperare.

Potessi tornare indietro cosa faresti diversamente?

Mi ritengo abbastanza soddisfatto per come sono andate le cose. Ho portato la mia azienda a uno standard organizzativo e produttivo che ci hanno permesso di conseguire risultati impensabili per come siamo partiti. La vera svolta c’è stata quando, da una organizzazione artigianale e soggettiva, completamente dipendente dal capo, siamo passati ad una organizzazione con procedure, deleghe e responsabilità piramidali, che consentono una crescita ulteriore e continua. Potendo riavvolgere il nastro della mia vita imprenditoriale starei molto più attento a intercettare persone sbagliate, perché il vero danno non viene dai cattivi affari, ma dall’incrociare persone incapaci o peggio non corrette. Forse la sola cosa che avrei scelto diversamente sarebbe stato il settore produttivo, scegliendone un altro dove sarebbe stato possibile far valere maggiormente la qualità del prodotto.

Quale credi sia l’attitudine che ti ha permesso di raggiungere i migliori risultati?

Per saper comandare occorre una attitudine particolare: saper ascoltare, interpretare, capire le ragioni degli altri. Nelle relazioni umane ci vuole rispetto, comprensione. Ecco, io penso di aver avuto la fortuna e la possibilità di acquisire e sviluppare queste dinamiche relazionali, che insieme a una buona capacità organizzativa mi hanno permesso di dirigere in maniera soddisfacente la mia squadra e con loro conseguire buoni risultati. Altresì un buon intuito a percepire velocemente le novità e prestare la massima attenzione ai tempi che cambiano sono attitudini che devono essere sempre presenti se si vuole fare impresa di buon livello. Certo, poi, aver avuto un buon padre che ti ha insegnato tanto può fare la differenza!

Cosa ti motiva?

L’ambizione di raggiungere traguardi importanti. La soddisfazione che si prova quando riesci ad affermarti, il raggiungere obbiettivi su cui si è profusa tanta fatica e tanto impegno ti danno una carica assoluta. Il rispetto e la stima che ne derivano, quando li avverti sinceri e spontanei, sono la vera ricompensa per un imprenditore che ha fatto della propria azienda e del proprio lavoro la ragione della propria vita.

Cos’è per te il successo?

Credo che il successo si ottenga con il raggiungimento di standard elevati in quello che si sta facendo, in qualsiasi campo si operi. Si può essere tranquillamente un professionista, un personaggio di spettacolo o dello sport, un buon giornalista, uno chef o anche un bravo artigiano, ma se ti vengono tributati sentimenti di stima e di rispetto dalla comunità in cui vivi o dai tuoi colleghi allora vuol dire che hai raggiunto il top. Però attenzione: una tale situazione comporta di fatto una condizione di privilegio, ma deve essere vissuta con profonda umiltà e solo allora sarà vero successo!

Come si batte la crisi?

La crisi arriva quando si concentrano una serie di errori derivanti dall’esasperazione di alcuni comportamenti e dalle manovre sbagliate per affrontare e risolvere i problemi scaturiti. Non solo in economia, ma in tutte le cose, i momenti critici possono creare paure, dubbi o anche rinuncia a lottare. Allora ci vuole calma, raziocinio e la determinazione di mettere in campo tutte le cure necessarie. Noi per esempio in azienda, dopo la crisi del 2008, che ha messo in ginocchio l’intero settore, ci abbiamo provato e abbiamo fatto valere i nostri punti di forza su cui poter contare e in tempi relativamente brevi abbiamo apportato adeguati correttivi e oggi possiamo guardare al futuro in maniera più serena.

Quali insegnamenti ti ha dato la vita?

Che nessuno ti regala niente e che ognuno deve impegnarsi a fondo per raggiungere i propri obbiettivi. Che bisogna agire con cautela, ma anche con grande determinazione. Che non bisogna essere scorretti, perché poi nel tempo se ne pagano le conseguenze. Anzi, la lealtà e la serietà ripagano sempre. Che non esistono solo valori materiali, ma che ci sono cose molto più gratificanti come la cultura e la conoscenza, il piacere di soddisfare la curiosità, le emozioni che ti scaldano l’anima, la stima e il rispetto degli altri. Nella mia vita imprenditoriale, più specificamente, ho imparato che non bisogna fare confusione tra economia e finanza e credo che già in famiglia si dovrebbero avere ben chiari questi concetti. Proporrei di insegnare già alle elementari ai ragazzi di esercitarsi su un proprio bilancino di entrate e uscite.

Cosa consiglieresti ai giovani d’oggi?

Di avere fiducia nelle proprie capacità. Niente è impossibile e a tutto si può legittimamente aspirare. Ma ci vuole impegno, sacrificio, determinazione e perfino qualche rinuncia. I giovani di oggi però hanno troppi stimoli, sono bombardati da troppe sollecitazioni che li vorrebbero sempre al top. Tanti dubbi e smarrimenti che allontanano scelte, decisioni e l’assunzione di responsabilità. Forse bisognerebbe più ascoltarli che dare loro consigli. Ma io comunque uno glielo voglio dare: un po’ di calma, rallentare i ritmi, sapersi ascoltare, coltivare i propri sogni e le proprie ambizioni, essere curiosi e desiderosi di conoscere, di capire. Ognuno sappia scoprire quali sono i propri interessi, quale può essere la propria strada, sapendo però che la leggerezza e l’approssimazione non fanno la qualità e non possono portare a traguardi soddisfacenti. Quindi ben saldi con i piedi per terra, adeguata attrezzatura, guardare la montagna da scalare accarezzando il piacere di arrivare in cima, ma concentrarsi sul ogni singolo gradino e passo dopo passo iniziare il cammino sapendo che tanti, prima di loro, ce l’hanno fatta.

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