Chi sei e che cosa fai?

Mi chiamo Marco Viscogliosi, appartengo ad una famiglia di imprenditori e ne rappresento la quinta generazione. Fare impresa è quindi nel mio DNA. Nella mia famiglia abbiamo vissuto tutta l’evoluzione industriale italiana, da quella pre-unitaria a quella post-unitaria, dalla crisi degli anni ’30, alle distruzioni della 2ª Guerra Mondiale, dal boom degli anni ’60, alle crisi sindacali degli anni ’70 e ’80, alle crisi finanziarie pre-euro degli anni ’90 fino alla decadenza economica dell’attuale periodo. Quindi una serie di esaltazioni e delusioni, successi e difficoltà, ma alla fine ancora in piedi.

Quale è il tuo background?

Ho sempre avuto la passione per la matematica e la fisica, così dopo il liceo scientifico frequentato a Sora, ho conseguito la laurea in Ingegneria Meccanica presso la Sapienza di Roma. Oggi il mio più grande interesse al di fuori del mio lavoro è la macroeconomia di cui mi considero un esperto a livello mondiale, vista l’inconsistenza di tutti gli altri, professori universitari compresi. Ho l’orgoglio di aver realizzato a questo proposito un software che ho chiamato TAX ENGINEERING che prevede con precisione del 99% gli effetti delle manovre economiche sull’economia nazionale. Ho provato a regalarlo a politici e giornalisti: nessuno si è neppure degnato di rispondermi, a parte Piero Angela che mi ha detto che può prendere in considerazione solo lavori provenienti da enti pubblici o comunque certificati!

Quali sono state le più grandi difficoltà che hai dovuto affrontare?

Le più grandi difficoltà sono state quelle dell’inizio della mia carriera. Avevo studiato per andare a lavorare nella cartiera di famiglia, ma alla vigilia della mia laurea è stato deciso che la cartiera doveva essere chiusa e venduta, per cui mi sono dovuto riconvertire su un’altra microscopica azienda familiare che era tutta da ricostruire. Sono partito così con questa azienda che faceva tre giorni di lavoro a settimana e due di CIG, con 18 operai e soli 300 milioni di fatturato annuo nel 1982. Questa azienda non aveva un prodotto, non aveva un mercato, non aveva un marchio, non aveva know-how, non aveva una organizzazione, non aveva soldi, ma in compenso aveva 24 soci tra zii, cugini e fratelli, la cui principale funzione era quella di criticare e inceppare il lavoro altrui (cioè il mio). Oggi quell’azienda impiega solo il doppio dei dipendenti, ma il suo fatturato è cresciuto di quasi 30 volte con un incremento medio annuo del 15%, gli impianti sono stati tutti rimodernati e ampliati, abbiamo il più evoluto know-how del mondo nel nostro settore ed esportiamo il 30% della nostra produzione. Siamo una azienda riconosciuta e rispettata sia dai clienti che dai concorrenti e soprattutto il numero dei soci è stato ridotto da 24 a 2 ed io sono uno di questi e detengo il 90% delle quote, insomma un bel progresso!

Potessi tornare indietro cosa faresti diversamente?

La mia vita è stata una successione di casi fortunati e positivi, certo me li sono anche cercati, ma da come si prospettava l’inizio a come è evoluta la situazione, direi che non farei nulla di diverso. A volte penso che se mi offrissero di rinascere per vivere una seconda volta forse rifiuterei, perché ben difficilmente potrei non solo fare meglio, ma anche fare uguale. Forse però una cosa la farei: studierei benissimo l’inglese. Questa è la mia più grande carenza, se lo parlassi come il francese, che ho studiato bene a scuola, credo che i miei risultati professionali sarebbero potuti essere doppi.

Quale credi sia l’attitudine che ti ha permesso di raggiungere i migliori risultati?

Io dico sempre che per fare l’imprenditore bisogna avere cinque ingredienti che cominciano tutti con la lettera “C”. Il primo è il Cervello, il secondo è il Carattere, il terzo è il “lato B”, il quarto è la Cultura e il quinto è il Contesto favorevole. Io penso di essere riuscito nella mia impresa, in quanto ho avuto a disposizione tutti e cinque gli ingredienti suddetti. In particolare, il contesto favorevole che c’era negli anni ’80 e che oggi non c’è più. Questo è quello che mi preoccupa di più per il futuro dei giovani di oggi, fra cui c’è anche mia figlia Ludovica, anche lei ingegnere, che mi sta affiancando per tentare di portare avanti la nostra azienda ancora per un’altra generazione.

Cosa ti motiva?

Sicuramente il successo. Il vedere che i nostri prodotti sono considerati delle eccellenze anche in confronto a quelli realizzati da aziende multinazionali 100 volte più grandi di noi, con capacità finanziarie enormi, con impianti modernissimi eppure spesso con risultati inferiori ai nostri.

Cos’è per te il successo?

Il successo vero è tridimensionale. È il successo tecnologico che è quello di cui parlavo prima, poi c’è, o ci dovrebbe essere quello economico, come conseguenza, e infine c’è quello sociale, che è quello che ti riconosce la comunità in cui vivi per il benessere che riesci a diffondere. Se riesci a coglierli tutti e tre e ben evidentemente godi di buona salute e hai un contesto familiare sereno, puoi considerarti un uomo felice.

Come si batte la crisi?

Io sono convinto che la crisi in cui stiamo vivendo non è strutturale, ma è figlia di una serie di grossolani errori politici ed economici. Volendo, questa crisi potrebbe essere risolta in poche settimane facendo poche cose giuste, oppure potrebbe protrarsi ancora per anni, continuando a fare quello che gli ultimi governi hanno fatto e che sembrano voler continuare a fare. Una crisi di consumi non potrà mai finire con politiche di rigore e di tasse. L’Italia che è penalizzata dal rapporto debito/PIL, non si rende conto che poiché il debito non potrà mai ridurlo deve agire aumentando il PIL. Ma il PIL si aumenta riducendo le tasse o aumentando la spesa pubblica, cioè esattamente il contrario di quello che stanno facendo gli ultimi governi, anche su pressione dell’Europa, che vorrei ricordare, non è costituita da cari amici, ma da agguerriti concorrenti industriali ai quali un’Italia a pezzi fa solo comodo.

Quali insegnamenti ti ha dato la vita?

Crederci sempre, arrendersi mai. Anche quando sembra tutto perduto, improvvisamente si presenta una opportunità che fa cambiare le prospettive. Certo, come ho detto prima, le opportunità di successo vanno costruite, cercate, coltivate. Non bisogna restare con le mani in mano. Qualcuno diceva che un altro fondamentale ingrediente del successo è il sudore e forse, aggiungerei, anche qualche lacrima.

Cosa consiglieresti ai giovani d’oggi?

Di credere in se stessi, come esseri potenzialmente e teoricamente capaci di qualsiasi impresa. Ma per passare dalla teoria alla pratica bisogna affilare le armi. Queste sono costituite dalla cultura e quindi dallo studio, dal rispetto per gli altri, per guadagnarsi il loro rispetto, dalla volontà ferrea di riuscire nell’impresa che si vuole intraprendere, dalla capacità di sopportare la fatica, le delusioni, le mortificazioni che via via si possono incontrare. Diceva un aspirante presidente americano che per riuscire nel mondo moderno bisogna avere la precisione di un chirurgo, la forza di un maratoneta e lo spirito di un martire, e io lo sottoscrivo.

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