di ENRICO COPPOTELLI
Segretario Generale Provinciale
CISL FROSINONE

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Siamo tanti. Al punto che le risorse non bastano più per tutti. Non c’è abbastanza acqua, suolo, materia prima per accontentare tutta la popolazione della Terra. L’Unione Europea lo sa. E ne ha preso atto. Con un pacchetto di direttive nel quale, in sostanza, dice una cosa sola: gli scarti devono diventare materia prima. Si chiama “Economia Circolare”. Il Lazio e la provincia di Frosinone stanno iniziando a scoprirlo.

Di recente c’è stata una riforma delle direttive europee in tema di economia circolare, recentemente approvata in via definitiva dal Parlamento Europeo.

Il suo obiettivo è

Orientare la gestione degli scarti della produzione e del consumo ad un maggior recupero di materia. Affinché possano divenire sempre di più una risorsa utile per l’apparato produttivo. Al fine di rafforzare, per il tramite di un incremento dell’efficienza complessiva del sistema economico e di una maggiore sostenibilità dello stesso, la competitività dell’intero comparto della produzione”.

Rappresentando il primo esito normativo di quella strategia, già stabilita con l’agenda Europa 2020, volta a conseguire l’aumento dell’efficienza nell’uso delle risorse e la riduzione del prelievo delle risorse naturali, a favore di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Si passa pertanto dal concetto di discarica, come sistema prevalente di gestione dei rifiuti e degli scarti produttivi, alla priorità del riciclo.

Tutta l’attenzione degli obiettivi è spostata sul riutilizzo e sul riciclo di materia, per cui il recupero energetico rimane sullo sfondo, come un’opzione di gestione secondaria, valevole soltanto per i rifiuti residui: tant’è che è stato rimosso dall’insieme degli obiettivi da raggiungere. 

In Europa c’è un grande divario tra i diversi Stati dell’Unione: tra quei sette Paesi del Centro nord Europa che già presentano uno smaltimento in discarica sostanzialmente azzerato (al di sotto del 3%) e quelli dell’Europa sud orientale che, invece, ricorrono alla discarica ancora per più del 70% dei rifiuti intercettati. 

Per la prima volta viene anche normata la questione degli sprechi alimentari: la Direttiva adotta una definizione precisa su “spreco alimentare”, che è sinonimo di spreco di risorse, in primis quella idrica, indicando la strategia per combatterlo introducendo standard obbligatori di riduzione degli sprechi che dovranno arrivare al 50%. 

A questo proposito, è auspicabile che si lavori anche per ridurre gli sprechi delle derrate alimentari, ancora troppo consistenti nel nostro Paese. Auspichiamo un impegno maggiore attraverso il recupero e la raccolta dei pasti che ad esempio restano inutilizzati nelle mense ma anche delle derrate alimentari dei supermercati, a vantaggio dei poveri e dei senza tetto.

La gestione dei rifiuti, dunque, viene quasi del tutto indirizzata verso la preparazione per il riutilizzo e il riciclo. L’obiettivo è fare in modo che i prodotti a fine vita possano rientrare nel circuito del consumo, attraverso la preparazione al riutilizzo, oppure, per effetto del riciclo, possano trasformarsi in nuova materia, a vantaggio della produzione futura. In linea con i principi dell’economia circolare, per i quali gli scarti di un ciclo della produzione e del consumo devono diventare il più possibile risorse per i cicli successivi. 

Soprattutto il comparto della produzione è chiamato, attraverso l’estensione e il rafforzamento del principio della “Responsabilità estesa del produttore”, a realizzare beni che, sin dalla fase della progettazione, siano concepiti per essere il più possibile riutilizzati al termine del loro iniziale ciclo di vita; o, comunque, la cui materia possa essere sempre riciclabile. La normativa sui rifiuti, insomma, diventa uno dei principali strumenti di sviluppo della green economy, mediante il rafforzamento delle filiere industriali dei materiali, tra le quali occorrerà sviluppare, oltre a quelle più comuni (carta, vetro, plastica, acciaio, alluminio, legno), anche quella dei tessili e quella dei prodotti di arredamento. 

La transizione verso un’economia circolare, comunque, richiede un cambiamento strutturale, con l’innovazione che è il cardine di tale mutamento. In questo senso, la trasformazione digitale del sistema produttivo e le tecnologie abilitanti alla c.d. industria 4.0 già oggi presentano delle soluzioni per rendere realizzabili produzioni che siano circolari e quindi più sostenibili.

Nello specifico, poi, interessanti opportunità potranno presentarsi per il nostro sistema manifatturiero anche dallo sviluppo della simbiosi industriale. 

Quel processo, cioè, che coinvolge imprese appartenenti ad industrie tradizionalmente separate, che riescono tuttavia a scambiarsi materia, sottoprodotti, energia, acqua, al fine di realizzare vantaggi competitivi tra le stesse. Evitando gli sprechi. 

Più in generale per l’Italia, Paese tradizionalmente povero di materie prime, la possibilità di disporre di maggiore materia riciclata per la sua industria manifatturiera significa ridurre la dipendenza dall’approvvigionamento dall’estero, con conseguente minore vulnerabilità in relazione alla volatilità dei prezzi delle materie prime provenienti da quei Paesi che soffrono di una forte instabilità politica. 

Sul territorio abbiamo avuto l’esempio della Saxa Gres. La ex Ceramiche Marazzi è risorta grazie ad un investimento fatto tre anni da da un imprenditore italiano con capitali inglesi. Questi ultimi hanno fiutato subito che il mondo sarebbe stato obbligato ad andare in una direzione precisa.

Ma se dopo tre anni ancora non arriva la documentazione necessaria ad avere in regola lo stabilimento, il rischio concreto è che quei capitali se ne vadano. Per investire in un’altra parte dell’Europa. In cui ci sia efficienza.

La razionalizzazione dei sistemi produttivi e la ridotta dipendenza dagli approvvigionamenti esteri permette di ottimizzare i costi delle attività produttive, con benefici in termini di competitività generale del sistema.

Con il nuovo “pacchetto”, approvato dal Parlamento Europeo, sull’economia circolare, i rifiuti e gli scarti produttivi finalmente si trasformano da problema ad un’opportunità da sfruttare attraverso l’ottimizzazione dei processi produttivi verso un’economia sempre più volta alla crescita sostenibile con l’obiettivo di nuovi posti di lavoro. 

L’altro giorno, in una fabbrica all’avanguardia, come la Saxa Gres di Anagni, gli investitori inglesi hanno parlato di “circular economy”, un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. Se vogliamo essere competitivi e ridare speranza lavorativa a tante persone, dobbiamo trarre il massimo dalle nostre risorse, reimmettendole nel ciclo produttivo. Questo può e deve essere il nuovo solco da tracciare per ridare vita alle troppe fabbriche chiuse e abbandonate in Provincia di Frosinone.

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