La cultura è uno dei motori trainanti dell’economia italiana, uno dei fattori che più esaltano la qualità e la competitività del Made in Italy. Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo, fatto da imprese, Pubblica Amministrazione e no profit, genera più di 92 miliardi di euro e ‘attiva’ altri settori dell’economia, arrivando a muovere, nell’insieme, 255,5 miliardi, equivalenti al 16,6% del valore aggiunto nazionale.

Il Lazio è la prima Regione in Italia a contribuire fortemente a questo andamento grazie alll’8,8% di valore aggiunto.

È quanto emerge dal Rapporto 2018 ‘Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi’, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere. Con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche, presentato oggi a Roma alla presenza del ministro Alberto Bonisoli, dal segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, dal presidente di Symbola Ermete Realacci. E dal presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello.

UN SISTEMA CON IL SEGNO PIÙ

Una ricchezza che si riflette in positivo anche sull’occupazione: il solo Sistema Produttivo Culturale e Creativo dà lavoro a 1,5 milioni di persone, che rappresentano il 6,1% del totale degli occupati in Italia.

Nel complesso, quello produttivo culturale e creativo è un sistema con il segno più. Nel 2017 ha prodotto un valore aggiunto del 2% superiore. Gli occupati sono invece 1.520.000 con una crescita dell’1,6%, superiore a quella del complesso dell’economia (+1,1%).

“Io sono cultura” è l’unico studio in Italia che, annualmente, quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale. Arrivato all’ottava edizione, lo studio propone numeri e storie ed è realizzato grazie al contributo di circa 40 personalità di punta nei diversi settori, alla partnership con Fondazione Fitzcarraldo e Si.Camera e con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

IL SISTEMA ITALIA

Dall’analisi emerge quanto il ‘sistema Italia’ debba a cultura e creatività: il 6,1% della ricchezza prodotta in Italia, nel 2017, pari a oltre 92 miliardi di euro. Ma non finisce qui. Perché il Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC) ha un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia pari a 1,8. In altre parole, per ogni euro prodotto dal SPCC, se ne attivano 1,8 in altri settori. I 92 miliardi e più, quindi, ne ‘stimolano’ altri 163, per arrivare a 255,5 miliardi complessivamente generati dall’intera filiera culturale. Il 16,6% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo ‘effetto volano’. Più di un terzo della spesa turistica nazionale, esattamente il 38,1%, è attivata proprio dalla cultura e dalla creatività

Il rapporto analizza il Sistema Produttivo Culturale e Creativo, ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali. Ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio definiamo creative-driven.

I 5 MACRO SETTORI

Il sistema produttivo culturale si articola in 5 macro settori: industrie creative (architettura, comunicazione, design), industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven (imprese non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico).

I TREND

Le industrie culturali producono, da sole
33,6 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 488mila persone (1,9% degli addetti totali). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 13,4 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 261mila addetti. Le Performing arts generano, invece, 7,9 miliardi di euro di ricchezza e 141mila posti di lavoro. A conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,8 miliardi di euro di valore aggiunto e 51mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven. Ovvero 34,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale) e più di 579mila addetti (2,3% del totale nazionale).

LE COMPONENTI

Approfondendo l’analisi è interessante individuare le varie componenti che contribuiscono alla produzione di ricchezza in ciascun settore culturale. Le performance più rilevanti, all’interno delle industrie creative, appartengono al sottosettore del design. Produce 8,6 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo e della comunicazione (4,8 miliardi di euro, lo 0,3%). Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle industrie culturali, invece, vi sono il comparto dell’editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,8 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,8%, pari a 12 miliardi di euro). Due filiere che, insieme, fruttano 25,8 miliardi di euro all’economia italiana.

IN AUMENTO RISPETTO AL 2016

Nel suo complesso il Sistema Produttivo Culturale e Creativo ha prodotto un valore aggiunto e un’occupazione superiore rispetto all’anno precedente (+2% nel primo caso e +1,6% nel secondo). Una performance in linea con il dato complessivo dell’economia italiana per quanto riguarda il valore aggiunto e superiore riguardo l’occupazione (+1,1%).

Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano conta, a fine 2017, 414.701 imprese, che incidono per il 6,7% sul totale delle attività economiche del Paese. In particolare, le imprese che operano nei settori del Core Cultura, direttamente collegate alle attività culturali e creative, sono 289.792. A cui va ad aggiungersi la stima relativa alla componente creative driven. Dove confluiscono tutte le attività economiche non strettamente riconducibili alla dimensione culturale ma caratterizzate da strette sinergie con il settore (124.909 imprese).

CORE CULTURA

Più del 95% delle imprese operanti nel settore Core Cultura appartiene a due soli ambiti: culturale (148mila imprese, pari al 51,1% del totale) e creativo (127.849 imprese, pari al 44,1% del totale).

Rispetto al 2016, il Sistema Produttivo Culturale e Creativo cresce all’interno di tutti gli ambiti, ad eccezione dell’industria creativa (-0,8%). Soprattutto per il comparto editoria e stampa (94.604 imprese, -1,7% sul 2016). Le imprese femminili sono in aumento nella filiera. Sono, infatti, ben 52.297, pari al 18% delle imprese del Core Cultura, in crescita dello 0,3% rispetto al 2016. Più di una impresa femminile su due si concentra nell’editoria (il 53,9%), cui segue, a distanza, il comparto della comunicazione (18,8%). Le imprese giovanili rappresentano il 7,7% della componente Core. Anche in tal caso risaltano, in primo luogo, l’editoria, che racchiude poco meno del 40% (39,6%) delle imprese ‘under 35’, e a seguire il comparto della comunicazione (con il 18,7%).

Hanno un’incidenza minore, ma non per questo trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che a fine 2017 costituiscono il 3,8% del totale delle imprese del Core cultura, comunque in crescita del +2,7% rispetto al 2016.

GEOGRAFIA DELLA CULTURA

La grande area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie provinciali per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,9% e il 10,1%. Roma è seconda per valore aggiunto (9,8%) e terza per occupazione (8,6%) mentre Torino si colloca, rispettivamente, terza (8,8%) e quarta (8,4%). Seguono, per valore aggiunto, Siena (8,4%), Arezzo (7,8%) e Firenze (7,2%), Ancona e Aosta al 6,9%, Bologna al 6,4% e Modena al 6,3%. In termini di occupazione, come suddetto, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell’economia è da attribuire a Milano, seguita da Arezzo (8,9%), poi Roma, Torino, Firenze (7,8%), Trieste (7,4%), Monza-Brianza e Bologna appaiate al 7,3%, infine Modena e Aosta al 7,2%.

Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui, cultura e creatività producono il 7,3% del valore aggiunto. Seguono, da vicino, il Nord-Ovest (6,8%) e il Nord-Est, la cui incidenza si attesta al 5,4%. Il Mezzogiorno, ricco di giacimenti culturali e un patrimonio storico e artistico di primo ordine a livello mondiale, non riesce ancora a tradurre tutto ciò in ricchezza. Solo il 4,2% del valore aggiunto prodotto dal territorio è da ascrivere alla cultura, il che rappresenta un problema ma allo stesso tempo un’opportunità di rilancio, su cui siamo obbligati a investire nei prossimi anni. Dinamiche simili si riscontrano per l’occupazione, con il Centro e il Nord-Ovest in testa (con il 7% sul totale dell’economia), seguito dal Nord-Est col 6,2% e infine il Sud con il 4,2%.

IL PRIMATO DEL LAZIO

A livello regionale, il peso delle grandi aree metropolitane a specializzazione culturale e creativa di Milano e Roma si fa sentire. Il Lazio si colloca primo (8,8%) seguito dalla Lombardia (7,2%). A seguire, Valle d’Aosta e Piemonte (6,9%), poi le Marche (6,1%). Sul fronte dell’occupazione, identico ordine di classifica: primo è il Lazio (7,7%), seguito da Lombardia (7,4%), Valle d’Aosta (7,2%), Piemonte (6,8%) e Marche (6,5%).

Cultura e creatività sono la chiave di volta in tutti i settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia – ha commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – e cresce il loro ruolo nell’economia. La bellezza è uno dei nostri punti di forza. Tanto che, secondo un’indagine della rivista US News e dell’Università della Pennsylvania, siamo addirittura il primo Paese al mondo per la influenza culturale. Un primato legato anche alla nostra capacità di trasmettere Cultura e bellezza nelle produzioni e al nostro soft-power. Proprio questo intreccio caratteristico dell’Italia, tra Cultura e manifattura, coesione sociale e innovazione, competitività e sostenibilità, rappresenta un’eredità del passato ma anche una chiave per il futuro”.

PUNTARE IN ALTO

L’obiettivo del Rapporto è superare la convinzione che la Cultura sia soprattutto qualcosa da conservare piuttosto che una componente dello sviluppo produttivo su cui puntare”. ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello. Ciò vale soprattutto se si guarda ai cambiamenti che l’economia subirà con la rivoluzione tecnologica. Il mondo che affronteremo nei prossimi anni sarà guidato da una serie di trasformazioni radicali concentrate soprattutto nella sfera del lavoro e delle competenze. Mediamente, chi opera nel campo delle professioni culturali e creative possiede un più alto livello d’istruzione.
Puntare sulla Cultura e sulla creatività significa quindi puntare in alto. Su competenze in grado di affrontare la stagione dell’Industria 4.0″.

Per il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Alberto Bonisoli, l’industria culturale e creativa è destinata a divenire una delle protagoniste dell’economia del XXI secolo. E in questo l’Italia ha un vantaggio competitivo dovuto al suo straordinario patrimonio storico, artistico, archeologico di cui dobbiamo avvalerci a pieno.
Moda, design, cinema traggono ispirazione da questo patrimonio, – ha detto – mentre nuove tecnologie, realtà virtuale e realtà aumentata trovano concreta applicazione nella sua valorizzazione. Turismo e made in Italy, inoltre, traggono enormi benefici da questa voglia di Italia che c’è nel mondo e che è nostro dovere promuovere al massimo. I dati del rapporto Symbola sono espliciti al riguardo e indicano un percorso chiaro per il nostro Paese. Crescita, benessere e Cultura devono essere ricompresi in un unico paradigma di sviluppo di cui possiamo divenire il modello nel mondo”.

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